mercoledì 10 giugno 2009

Chi troppo vuole nulla stringe

Non poteva essere. O almeno cosi' credeva. Seduta da sola sui gradini della piazza Agnese non riusciva  a pensare ad altro. Continuava a ripassarsi nella mente le immagini dei loro incontri, come se potesse, ogni volta di piu', ingrandire la scena, riviverla sempre piu' nel dettaglio; e ogni volta le pareva di capire nuove cose, come dei segni, presagi addirittura. Le frasi che si erano scambiati le ritornavano intatte e potenti, piu' potenti di allora, come luminose, come scritte al neon. E in quella luce bianca le pareva di perdere il senso di se stessa, di confondere il passato e il presente, ma non era una brutta sensazione, anzi, di pace.


"Hai letto 'il giro di vite'?"

"No, com'e'?"

"E' una storia di fantasmi, o forse no, e' una storia di pazzia, non lo so".


Lei gli aveva sorriso; "Il giro di vite", un racconto fantastico a quanto sembrava; finalmente qualcosa di divertente in mezzo a tutte quelle pallosita' che lui leggeva di solito. Non glielo disse, sapeva che sarebbe stato allo scherzo ma si sarebbe in fondo arrabbiato. Adesso, dopo quella settimana orrenda, dopo giorni in cui non era stata capace di fare niente, di sentire niente, anche quelle parole non le sembravano casuali.


Un pazzo. O un fantasma. Le veniva quasi da ridere, a ripensare alle sue manie; i libretti con il dorso rosso ben allineati sulle mensole della stanza da letto, i suoi discorsi interminabili, le lunghe discussioni. E poi l'incapacita' di rapportarsi alle cose piu' pratiche -"cazzo!"- penso' -"non riusciva a scegliere neanche che marca di latte comprare!!". A queste parole le venne quasi un moto di tenerezza, subito aggredito e dissipato da un impulso feroce, piu' veloce e piu' deciso. A quell'impulso Agnese fu grata, e a ragione. In fondo che ne sapeva lei di lui, della sua vita; era solo un compagno di collettivo, come gli altri. Perche' doveva esserne cosi' colpita? Perche' non era riuscita a pensare ad altro? Perche' le importava cosi' tanto? Nel farsi queste domande Agnese di senti' vuota; Si senti in balia di qualcosa che era e non era lei, che era e non era tutto il mondo; era qualcosa come mangiare e bere, come piangere; e se ne senti' annientata. Ritorno' con la mente a quella sera di Maggio, giusto una settimana dopo la sua partenza. Le notizie in TV degli scontri, la polizia, gli attentati, i ragazzi morti. Ragazzi che erano come lei, facevano parte dei collettivi universitari, qualcuno andava addirittura alle riunioni di partito. Quella ragazza morta a Roma, col nome strano, Giuliana, Georgiana, le assomigliava anche, aveva i capelli come i suoi, lunghi, neri. "Che paese di merda..." penso'. Ma lo sapeva che non era vero, lo sapeva, mentre lo pensava, che la merda non era da una parte sola. La merda era dentro, e fuori, e tutt'attorno a noi.

Quando aveva sentito quel nome non ci aveva neanche fatto caso; si, era lo stesso nome, ma era un nome comune. Un Brigatista, proprio lui, non poteva crederci; arrestato dalla polizia. Le torno' in mente il commento di suo padre: " CHI TROPPO VUOLE NULLA STRINGE". Lapidario. Ed ora pensava a lui, in una galera, pallido come un fantasma, grigio, cosi' grigio che le sbarre e il muro e tutto si confondevano con la sua sagoma, fino a quando restava solo un'immagine che era come il brusio di una radio rotta.

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